La sharia esiste ufficialmente in Italia

Il neo eurodeputato Annamaria Cisint denuncia la presenza di leggi islamiche

Si insinua nei contratti matrimoniali dei cittadini musulmani registrati negli uffici comunali

Come funzionano questi matrimoni islamici “importati” in Italia?

Da sindaco ho riscontrato che nei documenti registrati all’Anagrafe e negli uffici di Stato Civile degli atti di matrimonio effettuati nei Paesi musulmani, come ad esempio in Bangladesh, sono contenute clausole scandalose, che violano le norme familiari e quelle del rispetto dei diritti umani che sono alla base della nostra costituzione.

In questi atti si ritrovano principi che fanno rabbrividire, come il fatto che il marito può condizionare il divorzio alla moglie arrivando sino alla “vendita” attraverso la dote delle spose. Nei contratti originali che vengono presentati per la registrazione si legge, nero su bianco, come sia il marito a decidere se la moglie abbia o meno il diritto a separarsi e a quali condizioni, come nel caso in cui il marito sia impotente, violento o in prigione, o addirittura “se la tortura”, ammettendo l’esistenza di queste pratiche illegali. Inoltre, gli stessi atti prevedono il caso in cui “il marito ha già delle mogli” cioè certificano la poligamia.

Le parti contrattuali più scabrose vengono coperte con degli “omissis” dietro cui si legalizza la sottomissione, la vendita della donna e la poligamia anche in Italia, con tanto di timbro della nostra ambasciata che attesta quei contratti redatti all’estero. Bisogna analizzare questi omissis perché da essi emerge la realtà della cultura islamica verso le donne, fatta di sopraffazione, che continua a essere praticata anche quando vivono da noi.

Marco Belviso e Annamaria Cisint

Possiamo dire che ci troviamo di fronte al fatto che il rispetto delle pratiche coraniche porta a calpestare i diritti umani fondamentali?

Il problema riguarda quei contenuti della legge coranica che permangono nella mentalità più profonda dei musulmani anche quando vengono a vivere nel nostro Paese. Fra questi proprio la concezione del matrimonio e della famiglia fondata sul principio della poligamia e sulla netta prevalenza del ruolo maschile rispetto a quello femminile.

Ciò comporta la sottomissione alla volontà dell’uomo, in molti aspetti della vita di relazione, della moglie e dei figli, in contrasto con quei valori di eguaglianza e libertà che sono alla base dei nostri principi. La donna è tenuta sempre in condizioni subordinate, deve rimanere in casa, non può assumere decisioni sulla sorte dei figli, non può ripudiare il marito, mentre è possibile il contrario, e non può sposare un uomo di fede diversa. La stessa libertà di opinione vale soltanto se non contraddice i principi della shari’ah, o se può essere utilizzata per indebolire la fede altrui. Ciò che noi consideriamo come conquiste di civiltà giuridica per l’Islam, se non hanno un ancoraggio nel Corano, e non rappresentano alcun obbligo da rispettare.

 

Siamo dunque in una situazione di allarme rosso?

Chi contesta la mia battaglia e i mei allarmi per il processo di islamizzazione in corso, sostiene che si deve guardare alle città europee dove la situazione è ben peggiore della nostra. Appunto, laddove si è sottovalutato l’espandersi dell’Islam si sono sviluppati i maggiori focolai dove sorgono e si alimentano l’odio islamista, il radicalismo e il terrorismo.

Le conseguenze sono state, e sono, terrificanti, come dimostrano i tanti episodi di terrorismo e la condizione delle banlieue francesi e belghe. La radicale differenza fra la cultura occidentale e quella islamica si traduce nel rifiuto da parte di queste comunità di accettare ogni percorso di integrazione che richiede una disponibilità reciproca e, in primis, quella dello straniero, di accettare le regole del luogo di inserimento. Questo non avviene nel caso dell’Islam, che è per sua stessa natura avverso all’accettazione di altre culture e religioni. Anzi, considera come un grave reato la rinuncia ai principi stabiliti dalla fede coranica.

Le società libere dell’Occidente, come la nostra, sono fondate sulla democrazia, cioè sulla sovranità popolare, mentre l’Islam si fonda sulla sovranità di Allah, con la conseguenza che quando i musulmani pretendono di applicare le regole coraniche nel nostro Paese, il conflitto è inevitabile.

 

Anche l’Europa è di fronte agli stessi problemi?

C’è un allarme rosso comune nelle varie nazioni europee, da cui alcuni Stati, però, si stanno difendendo con politiche di sicurezza e la chiusura all’immigrazione incontrollata. Le comunità musulmane che si formano nei vari Paesi europei lui tendono a costituirsi in reti, in gruppi chiusi, il ide che porta a porsi in contrasto sistematico con le regole e le leggi delle nazioni di insediamento. Molte associazioni o federazioni musulmane appaiono come terminali di strutture transnazionali, spesso sostenute da Stati conservatori del Golfo.

Cè un problema serio del finanziamento esterno: da dove vengono i soldi che sostengono l’allargamento di questo processo di islamizzazione? E c’è un problema di controllo ideologico di queste comunità per la loro dipendenza dalle centrali dell’Islam straniere, che forniscono i mezzi per la costruzione di spazi di culto, di scuole coraniche, per pubblicazioni varie, e si contendono il controllo dei fedeli. In Italia, come negli altri Paesi europei, gli imam, o quelli proclamatisi tali, sfuggono a qualsiasi tipo di controllo, sia a livello del sistema organizzativo dei luoghi di culto sia in relazione alla loro formazione.

 

Insomma, non bisogna abbassare la guardia?

Sono questioni da affrontare seriamente in considerazione che l’Italia, nell’attuale situazione geopolitica mondiale, è uno dei paesi europei più esposti ai flussi migratori clandestini, di prevalenza musulmani, provenienti da paesi islamici e dai quali sono entrati tutti i protagonisti degli episodi di violenza e terrorismo in Europa.

Il Nordest, lungo il confine goriziano e triestino, è diventato, negli ultimi anni, uno dei corridoi di passaggio via terra più importanti e giustamente è stato posto sotto controllo. Occorre essere consapevoli del pericolo di islamizzazione in atto e pretendere il rispetto delle nostre norme da tutti coloro che decidono di vivere nel nostro Paese.

Spiace constatare, ad esempio, la condizione di degrado e insicurezza in cui sta precipitando Udine, un tempo civile capoluogo del Friuli, dovuta proprio all’impostazione ideologica della nuova giunta comunale.

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Autore / Marco Belviso

Giornalista, ghostwriter e blogger, ha fondato e diretto IlPerbenista.eu e Il Corsaro della Sera.

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